Una questione culturale
I problemi culturali che i vegetariani italiani incontrano tutti i giorni.
Non è facile diventare
vegetariani in Italia; per fortuna, io diventai vegetariano in Inghilterra,
dove il movimento ha preso radici e dove è molto più comune essere vegetariani.
Purtroppo in Italia il vegetarianismo è un affare complicato..
Per questioni culturali, è difficile spiegare il
vegetarianismo ad un paese cresciuto a pane e salame... Vai a spiegare che ci
sono proteine migliori nella verdura che nella carne in un paese ancora
influenzato da prospettive del dopoguerra quando mangiare una bistecca era un
segno di salute (finanziaria, si sa ora, più che fisiologica); così si guarda
all’Oriente e il gap generazionale offre due prospettive diverse: mentre colore
che almeno hanno conosciuto l’esperienza dei Figli dei Fiori guardano a culture
più illuminate che esistono da millenni ove nasce il Sole con rispetto ed
ammirazione, coloro che si formarono al buio della Seconda Guerra Mondiale, poi
cresciuti nella plastica del Baby Boom, convinti che avere una macchine, seppur
piccola, fosse la più grande aspirazione una persona possa avere nella vita,
poi asfissiati da Seveso, non solo fisicamente, ma poi pure moralmente ed
eticamente, in un paese che ancora offriva soluzioni campanilistiche ad una
crescita individuale sebbene globale, dove il paese era già un orizzonte troppo
vasto per troppi, pensare allo specismo è come aspettarsi che gente, non per
colpa loro, ma, lo si sa, per influenza di viva la Rai in provincia di
Fininvest e di tutte le altre frazioni di pupazzi mediatici, possa capire che
esista un mondo oltre Frittole...
Poi c’e la generazione rimbecillita dai videogiochi; non è facile apprezzare la Natura, non è
facile capire che anche una mosca soffre, quando si passa gran parte della vita
sterminando innumerevoli personaggi ironicamente ‘animati’ sebben artificiali
ed ancor più ironicamente ‘virtuali’; diciamocela com’e... sono cresciuti in un
mondo finto, dove la finzione cerca di sostituirsi alla realtà. Da Frittole
nella Braciole...
Nonostante ciò, la generazione più giovane
potrebbe avere un vantaggio rispetto alla generazione cresciuta col rumore
orrendo delle bombe (le bombe, ormai, lo si sa, tuonano solo in paesi lontani,
ed il loro incubo ci raggiunge solo su schermi sterilizzati, come
videogiochi... appunto). Il vantaggio, forse, è che parlano con risvegliati e
vegetariani della generazione precedente – o almeno spero.
Il gap generazionale, più vasto in Italia che in
altri paesi, non aiuta i vegetariani, che hanno ancora difficoltà a
spiegarsi...
Beh, lasciando le cause a chi un esame di coscienza
doveva farselo già tanto – ma tanto – tempo fa, pensiamo ai tanti vegetariani
Italiani, solo il 7,1% della popolazione. Va bene, pensiamo ad una vegetariana
o ad un vegetariano colla famiglia in quella festa una volte forse ancora significative,
ma oggi ridotta ad un esercizio commerciale triste e vuoto di significato, ma
mai sempre da rispettare per tradizioni in nome famigliari, ma in realtà
imposte culturalmente ‘dall’alto’ (guarda in celo dove e vedi banche e
corporazioni con interessi così arroganti ed una sete di potere che ci lascia
tutti come Beduini nel Sahara, in cerca di gocce lasciate ‘per caso’ o per
seguir una pista sviante, corrompente, retrograda ed egoista per necessità), e
si scopre quanto sia facile sbattere sul menù natalizio pesce e carne e
celebrare il risveglio della Natura colla morte di altri esseri e qualche
regalo comprato perché – è chiaro – per un giorno all’anno, noi la bontà la
compriamo al supermercato (o se te lo permetti, in qualche negozio di lusso,
che è più buona certamente). Così, mentre sicuri della nostra bontà ci
abbuffiamo riempiendoci la pancia di cadaveri d’esseri che han sofferto per la
nostra cultura, per un giorno la televisione dimentica tutti i guai del mondo,
volta la faccia dai miliardi di bambini che soffrono, ci fa vedere film
buonisti e certamente non ci ricorda che quello che stiamo mangiando ha
inflitto sofferenze scandalose a milioni di altri esseri... Va beh, allora è
così che si diventa tutti buoni a Natale... Con un gioco da prestigiatori...
Dai in calcio in culo alla realtà e sentiti un santo perché hai i soldi per
comprarti un fagiano, o ancor più santo se ti permetti l’aragosta ed uno
spumante costoso... La vendita delle indulgenze non è finita; si è solo
modernizzata...
E vallo a spiegare a chi non vede oltre
Frittole...
Poi penso a coloro che scelgono il vegetarianismo
e vivono ancora a casa; la Mamma che soffre perché la figlia o il figlio
appaiono non rispettare tanti anni di cucina amorosa, e non capisce che non è
colpa sua... Il Papà incazzato perché il figlio sembra quasi sfidarlo, e
sfidare secoli di tradizione familiare...
Non sono cose facili da spiegare; e ti chiedono
cosa succederà al vitellino se non lo mangiamo... La tentazione di dir che sta
meglio in un campo che nello stomaco nostro è troppo forte, ma la domanda vera
è un’altra: da dove arriva tutta questa disinformazione? Chi, o meglio cosa,
non ha mai spiegato alle generazioni che ci hanno preceduto come funziona
l’idolo mercato? Perché per loro è chiaro, o così appare: se mio figlio o mia
figlia diventano vegetariani, tutti i contadini rimangono disoccupati e cosa ne
facciamo di tutti questi animali? Improvvisamente, se sentono in colpa per
animali che finora hanno solo saziato appetiti... E da dove viene questa
disinformazione? Non si è accorto nessuno, tra coloro che temono (per influenza
o interessi finanziari) che il vegetarianismo si sta diffondendo gradualmente?
Sono cose difficili da spiegare; il più grande
problema per una vegetariana o un vegetariano non è rinunciare a carne o pesce,
ma affrontare discussioni in famiglia con persone malinformate e troppo, ma
veramente troppo, influenzate da una cultura che non rispetta, che non vuol
cambiare, idolatra del denaro, che non vuol farci guardare oltre Frittole...